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Dialogare strategicamente nella coppia

“L’intelligenza non è non commettere errori, ma scoprire il modo di trarne profitto” – Bertold Brecht

Primo ingrediente: “Domandare piuttosto che affermare”
“Se vuoi ottenere, inizia con il domandare piuttosto che col proporre”

Questo significa che il modo più efficace per aggirare le resistenze dell’altro è rappresentato dal domandargli cosa pensa riguardo all’argomento di discussione che vogliamo introdurre. Non si tratta però di semplici domande ma di un interrogativo strategicamente costruito che contiene le alternative di risposta verso cui vogliamo guidare il nostro partner.

Ad esempio potrei chiedere alla persona che mi sta accanto:

“Come mai non mi consideri abbastanza!?” Questa domanda perentoria apre a tante possibili risposte che potrebbero complicare le cose.

Ma se io pongo la domanda in modo differente:

“Negli ultimi tempi mi dedichi poca attenzione perché ho commesso una serie di errori o perché semplicemente non mi ritieni all’altezza!?”

Adesso la mia domanda non è perentoria, né provocatoria ma contiene quasi una richiesta d’aiuto che non fa sentire in colpa l’altro/a, anzi io mi pongo come se fossi in difetto.

Questa diversa formulazione della domanda induce l’altro ad assumere un atteggiamento collaborativo se non addirittura protettivo nello scegliere una delle due alternative proposte. Un buon inizio per focalizzare il dialogo verso la soluzione dei contrasti. Le domande che contengono alternative di risposta inoltre orientano l’interazione verso la comprensione del problema e non verso la ricerca del colpevole. In fondo quando si dialoga con una persona importante per noi, l’obiettivo non è vincere facendo perdere l’altro ma vincere insieme, win win.

“Accusare gli altri delle ns disgrazie è una prova dell’umana ignoranza; accusare se stessi significa cominciare a capire, non accusare né gli altri né se stessi è vera sapienza” – Epiteto

Il primo ingrediente del dialogare strategicamente consiste quindi nel porsi in maniera apparentemente dimessa, come se chiedessimo al ns interlocutore di spiegare come stanno le cose, ma fornendo le alternative di risposta che lo guideranno nella spiegazione che arriverà autonomamente e senza forzature.

Ad esempio se alla domanda precedente il partner rispondesse:

“Mi viene da considerarti un po’ meno non perché non ti stimo , ma perché ultimamente hai fatto una serie di cose sbagliate”

In questo modo avremmo già ottenuto un’informazione importante che ci orienta verso ciò che ha creato il problema e lo mantiene. Questo ci permette di accogliere il suo punto di vista senza contrastarlo in modo tale che con la domanda successiva si crei un’ulteriore vicinanza emotiva.:

“Tu pensi che gli errori che ho commesso e che ti rendono così sfiduciato io li abbia commessi volontariamente oppure che abbia agito senza rendermene conto!?”

La prevedibile risposta sarà che si è trattato di disattenzione e non di cattiva volontà, cosa che rende la situazione più accettabile per entrambi.

Tale tecnica retorica innesca un processo di autopersuasione già noto nell’antichità da Protagora che lo insegnava ai suoi allievi per convincere il loro interlocutore delle proprie tesi.

Le domande successive, calibrate sulle risposte, potranno orientare ulteriormente il dialogo verso la soluzione del problema, ad esempio:

“Queste cose sbagliate che ho fatto senza rendermi conto di quanto fossero fastidiose per te, sono cose che possono essere superate oppure quanto è successo è qualcosa di irreparabile!?”

Questa domanda contiene delle intenzioni riparatorie tali da indurre anche la persona più offesa a offrire una possibilità di recupero e nello stesso tempo conferisce a chi pone la domanda così strutturata, il ruolo gratificante di protagonista del cambiamento, riparazione e pacificazione.

“Le domande dell’uomo saggio contengono già la metà delle risposte” – Ralph Waldo Emerson

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Secondo ingrediente: “Chiedi verifica piuttosto che sentenziare”
Il secondo ingrediente del dialogo strategico consiste nel chiedere conferma alle risposte ricevute a seguito delle domande fatte parafrasandone il contenuto, così che nel momento in cui l’altro mi rassicura che ho ben capito lui stesso si convince di ciò.

Ad esempio, se in seguito ad alcune risposte io affermo:

“Correggimi se sbaglio, da quanto mi hai detto sembrerebbe che…”

Alla mia parafrasi il partner risponde:

“Sì, proprio così”

In questo modo ho creato un piccolo accordo su quanto finora abbiamo scoperto insieme rispetto al ns disaccordo iniziale, rafforzando e rendendo più rapido il processo di soluzione della situazione problematica.

Parafrasare le risposte alle domande strategiche non rappresenta solo una verifica del corretto procedimento, ma fa sentire il ns interlocutore partecipe nella conduzione del dialogo, e trasforma la relazione emotiva da competitiva a collaborativa.

Terzo ingrediente: “Evoca piuttosto che spiegare”
Il terzo ingrediente realmente efficace per la costruzione di una relazione costruttiva consiste nel saper toccare le corde emotive del partner prima ancora di influenzare le sue capacità cognitive. Anche i due ingredienti precedenti, il domandare e il parafrasare rappresentano gli strumenti per evocare nuove sensazioni ed emozioni che conducono a migliori e più soddisfacenti prospettive relazionali.

Come i poeti, i letterati e gli oratori ci insegnano da sempre, la capacità di evocare sensazioni ed emozioni è uno strumento persuasivo molto più potente di qualsiasi forma comunicativa logica e razionale.Proviamo ora a misurareil diverso effetto prodotto da queste due affermazioni:

– Sentenza razionale: “Quando tu inconsapevolmente fai qualcosa di sbagliato nei miei confronti, questo mi provoca rabbia e rifiuto”

– Sentenza evocativa: “Quando inconsapevolmente mi ferisci, mi provochi un grande dolore, come di una pugnalata alle spalle, alla quale mi viene da reagire cercando di ferirti a mia volta”

Il significato delle due affermazioni è lo stesso ma l’effetto è decisamente diverso: la prima si limita a descrivere, la seconda mentre descrive fa anche sentire. E’chiaro che, siccome prima si percepisce e poi si comprende, la seconda modalità comunicativa ha un potere persuasorio più forte della prima.

Attraverso il linguaggio evocativo si può creare avversione verso qualcosa oppure al contrario, suscitare desiderio e vicinanza:

Sentenza evocativa avversiva: ”Quando mi riprendi perché guardo le altre, mi fai venire ancora di più il desiderio di farlo. Come se tu mi dicessi di non assaggiare quella torta perché è troppo buona”

Sentenza evocativa esaltante: “Quando mi guardi e mi sorridi così, sei come un vento fresco che mi ristora in una giornata torrida”.

Nel primo caso si evocherà il timore di insistere con le accuse per non incrementare il comportamento indesiderato del partner, nel secondo invece si favorisce nel partner la tendenza ad incrementare l’atteggiamento desiderato in quanto la formula evocativa utilizzata lo esalta.

Usare immagini evocative per rafforzare i ns messaggi, rappresenta una tecnica speciale per dialogare in modo strategico con il ns partner.

Quarto ingrediente: “Agisci piuttosto che pensare”
Una delle convinzioni più fallimentari dell’uomo moderno è ritenere che capire come funziona una cosa, lo renderà automaticamente in grado di dominarla. Questa convinzione, continuamente smentita nella quotidianità, trae origine dalla supremazia attribuita al pensiero rispetto all’azione.

Quante volte sento dire dai miei pazienti: comprendo la soluzione del problema ma non sono in grado di metterla in atto. L’esempio più eclatante di ciò è la paura: possono portarmi tutte le argomentazioni per convincermi che volare è molto più sicuro che viaggiare in auto, ma se ho paura di volare, non serviranno a nulla, se non a incrementare il senso di sfiducia in me stesso.

L’esempio della paura ci spiega che per ottenere un reale cambiamento non basta capire ma occorre essere in grado di agire diversamente.

Questo vale anche nelle dinamiche interpersonali. Pensiamo ad una coppia che discute fino a notte fonda trovando per sfinimento o reale comprensione un accordo, ma che al mattino riparte da zero con la discussione.

Il problema è che se un accordo trovato non viene trasformato in un piano d’azione la sua possibilità di diventare esecutivo è quasi nulla.

Se invece ad un accordo seguono una serie di azioni concordate, è molto probabile che il progetto condiviso si traduca in realtà.

“Un uomo saggio vive agendo e non pensando di agire, e ancor meno pensando a quello che penserà quando avrà finito di agire”

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DIALOGARE PER MIGLIORARE
“Ruotare costantemente attorno al proprio asse è fare degli assi altrui tanti centri di gravità” – Emile Cioran

Grazie all’ausilio del linguaggio e delle modalità comunicative che utilizziamo quotidianamente, anche quando non vorremmo, siamo comunque artefici del nostro destino o come sostiene Jean Paul Sartre: “Non facciamo quello che vogliamo e tuttavia siamo responsabili di quello che facciamo”.

Questo perché dovrebbe essere nostra responsabilità acquisire sempre maggior consapevolezza delle nostre modalità relazionali per diventare costruttori consapevoli piuttosto che vittime inconsapevoli, ma comunque responsabili, del nostro destino. Per comprendere è necessario praticare attivamente il nostro ruolo da protagonisti del film della nostra vita, migliorandoci giorno dopo giorno. A tal fine, imparare a dialogare strategicamente non solo rappresenta una competenza relazionale decisamente utile, ma anche un percorso volto al miglioramento di se stessi. Le persone infatti, mentre comunicano si trasformano vicendevolmente. Ad esempio se il modello di relazione è orientato all’incontro piuttosto che allo scontro, al dialogo piuttosto che al dibattito, questa modalità nel suo ripetersi modellerà le persone che la praticano.

Inoltre non andrebbe sottovalutata l’importanza sociale del dialogo costruttivo soprattutto nel mondo odierno in cui prevalgono modelli di comunicazione mediatica di tipo aggressivo se non violento.

Se nel comunicare s’impara a mettersi nella prospettiva dell’altro fino a ritenerla ragionevole, ci si addestra alla tolleranza e al rispetto per l’altro. Se ci si abitua a vedere le cose da prospettive diverse, ci si allena all’elasticità mentale, se ci si abitua ad avere un atteggiamento morbido con il partner ci alleniamo a tenere a bada le nostre reazioni impulsive. Se ci si sforza di usare un linguaggio ricco di immagini evocative si diventa più creativi.

L’arte del dialogo quindi, non è solo una tecnica per comunicare efficacemente, ma anche e soprattutto una maniera per migliorare se stessi e il mondo che ci circonda.

“Il linguaggio ti parla mentre lo parli” G.Nardone

BIBLIOGRAFIA

Giorgio Nardone, Correggimi se sbaglio – Ponte delle Grazie, 2010

Paul Watzlanwick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana – Casa Editrice Astrolabio, 1967

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